Capiamo di essere diretti in un luogo poco battuto dai viaggiatori quando saliamo su un pullmino dove gli unici a non essere birmani siamo io, l’ingegnere e la pecora. Ne abbiamo la conferma quando, arrivati dopo sei ore di curve a Loikaw, principale cittadina dello stato Kayah (a maggioranza cristiana: proprio mentre arrivavamo, tre pullman carichi di fedeli partivano per Yangon per assistere alla Messa di Papa Francesco), fatichiamo a trovare un cartello qualsiasi scritto nel nostro alfabeto o una persona che riesca a dire in inglese qualcosa in più di Hello. Bingo, abbiamo scovato la perla nascosta del Myanmar, dove non osano i turisti – anche perché fino a pochissimi anni fa l’accesso alla regione era interdetto agli stranieri e ancora oggi per raggiungere alcuni villaggi servirebbe il permesso governativo (condizionale d’obbligo, i controlli non sono poi così severi).
Loikaw in sé, per la verità, non è granché. Decidiamo che 24 ore sono sufficienti e prenotiamo il bus per Yangon per il pomeriggio successivo, anche perché qui i prezzi sono alti rispetto al resto del Paese e il Montone non può scialacquare. Fatal error. Ce ne pentiamo subito, appena usciamo dalla città nella bruma – giuro, bruma – del mattino. Il paesaggio è incredibile. Montagne, giungla, villaggi che spuntano all’improvviso per sparire un secondo dopo. Nel Villaggio Ka Yan a Pan Pet incontriamo le Padaung, le donne giraffa dal collo lunghissimo chiuso in tanti, troppi anelli d’ottone. Temevamo l’effetto zoo, in realtà qui la vera stranezza siamo noi. Tutti ci salutano mentre passiamo con il nostro scooter che non potremmo guidare, qualcuno ci offre un tè, l’ingegnere improvvisa persino un duetto chitarra-violino con la simpatica Mo-Peh, che continua a sorridere anche mentre lui tormenta gli strumenti estorcendone una serie di suoni sgraziati.
Ci sarebbero altri villaggi da esplorare, altre signore colorate con le quali chiacchierare senza parole e farsi i selfie. Ma l’autobus per Yangon ci aspetta e ahinoi, ci tocca andare. Difficilmente torneremo, ma ci consola pensare che non si sa mai nella vita.