Dopo la prima notte in Vietnam, e le prime amicizie strette in nome della birra, Montone, ingegnere e grafomane ripartono. Sotto le loro chiappe, Milagros Heineken scoppietta felice. Ma la tappa è lunga e ora di sera il paesaggio iniziale, verde e rilassante, si trasforma in una cappa di smog e nebbia giallina. Scopriamo presto che gli autoctoni guidano così come bevono: in maniera spregiudicata. Lo stradone che percorriamo, ameno come la tangenziale est, è un inferno di veicoli zigzaganti, motorelli borbottanti, camion convinti di avere il fisico da utilitarie. I clacson risuonano al ritmo di uno ogni tre secondi: il loro messaggio non è, come in Myanmar, “Ciao, bellalì”, ma “Spostati immediatamente, se no ti schiaccio”.
Comincia a fare buio quando arriviamo a Nimh Binh, dove l’ingegnere sostiene esserci qualcosa di bello da vedere. Piove. Stremati, ci abbattiamo come un flagello sul primo hotel che ci capita a tiro, carichi del nostro fardello di polvere e fango. Incarnazione dell’Ospite che Non Vorresti, versione itinerante del Coinquilino di Merda, in pochi minuti laviamo Milagros in cortile, stendiamo sei paia di calze bagnate e due pantaloni fuori dalla camera, sotto il bel patio di passaggio, e rovesciamo sul terzo letto tutto il contenuto umidiccio dei nostri bagagli, ricreando in stanza un grazioso effetto post-nucleare. Nonostante tutto il padrone dell’albergo tenta di offrirci la cena (alle 6 del pomeriggio) e, non riuscendoci, si accontenta di versarci shottini di riso come un bar tender di manica larga.
La mattina dopo piove ancora. Con il nostro outfit della festa – due paia di pantaloni, tre magliette e poncho nero dell’immondizia – affrontiamo il bucolico giro in barca a Trang An, sito Unesco solitamente infestato di turisti dove è stato girato King Kong. Oggi no, oggi i turisti ne se restano all’asciutto e noi, umidi, scivoliamo tra grotte e montagne quasi in solitudine. Completiamo l’opera con i 500 gradini per salire all’Hang Mua, monticello panoramico da cui (in genere) si gode un’ottima vista, e, il giorno dopo, con la visita alla pagoda Bai Dinh, la più grande del Vietnam, dove arriviamo dopo una visita d’emergenza dal meccanico perché a Milagros è saltata una sospensione. I turisti vietnamiti ci guardano e ridono, i più audaci ci chiedono una foto. La mostreranno a casa, sbeffeggiando lo stile discutibile degli occidentali.
Prossima tappa, il villaggio di Mai Chau, Manu Chao per gli amici. Ci arriveremo in tempo per la mezzanotte dell’ultimo dell’anno?
Trang An si trova qui;