Il sole, chi era costui? Non lo vediamo da due settimane e le previsioni per Ha Giang, nostra prossima meta, fanno impietosamente schifo. Con la gioia nel cuore e il fango su tutto il resto cavalchiamo lenti in groppa a Milagros. Buca dopo buca, cratere dopo cratere, ci diciamo che la strada non può diventare peggio di così, e puntualmente veniamo smentiti. Né la città ci accoglie meglio: uno scroscio di pioggia ci trasforma in cani bagnati e sgocciolanti. Un ottimo biglietto da visita per Hao, che gestisce l’homestay/teahouse dove resteremo una settimana a fare Workaway, ovvero a lavorare in cambio di vitto e alloggio. “Farete lezione a una classe di principianti”, ci era stato preannunciato via mail. E chissà perché noi avevamo deciso che i principianti avrebbero avuto 20 anni o giù di lì.
Col cavolo. I principianti sono orde di bambini dell’asilo o delle elementari, dai 5 agli 11 anni a seconda del giorno e della sorte. Una specie di treno in corsa in piena faccia per ingegnere e grafomane, noti discendenti di Erode, che per ore si trovano a ripetere gli stessi due vocaboli – due al giorno, non di più – per ficcarli nelle testoline dei giovani virgulti, manco si fosse a Guantanamo a torturare i prigionieri. Né questa è l’unica sorpresa. L’homestay/teahouse è nuova, così nuova che quasi non esiste. E Hao, oltre a essere una cuoca fantastica e un’imprenditrice con dell’ottimo potenziale, è anche insegnante, mamma single e soprattutto grande casinista. Una con delle eccellenti idee – tipo aprire un ristorante vegetariano in una città dove l’offerta culinaria è tutt’altro che variegata – ma che per realizzarle avrebbe bisogno di un esercito di schiavi, e invece si ritrova con un ingegnere che si improvvisa web manager, una grafomane che si scopre lavapiatti e uno spagnolo che le ipnotizza la figlia facendole vedere cinquecento volte al giorno il video di Despacito.
Si aggiungano la pioggia che cade insistente, i lavori in corso nella casa di fronte con il suo concerto di martelli pneumatici dalle 7 del mattino, il bucato che non si asciuga, i maiali che grufolano fuori dalla finestra del bagno, sottofondo romantico a docce e pipì.
Le premesse per il disastro del secolo ci sono tutte. Invece no. A sorpresa, cominciamo a prenderci gusto a ripetere carrot e corn all’infinito con un coro di bambini sovreccitati. La grafomane colleziona disegni di principesse e trova un phon per asciugare i calzini, l’ingegnere gode nell’esercizio del potere sugli innocenti e scopre le gioie del tofu, all’homestay arrivano i letti appena in tempo perché i primi ospiti non debbano dormire per terra. Il vicino di casa ci annega nel poppy wine, praticamente liquore all’oppio, gli amici di Hao diventano i nostri, troviamo persino un centro massaggi non gestito da prostitute. Gli sconosciuti, meglio se ubriachi, continuano a dimostrarci un sacco di affetto (vedi video). A un certo punto smette pure di piovere e noi possiamo partire per il loop, il tanto decantato giro in moto per i monti che rischiava di saltare causa maltempo. Quando arriva il momento dei saluti, vorremmo rimanere ancora un po’. E mentre Milagros infila la strada per Hanoi, nelle nostre teste riecheggiano solo tre parole: Carrot. Corn. Despacito.
Ha Giang si trova qui: