Questo post è dedicato al collega della grafomane che schifa l’Asia perché fa caldo umido e si suda. Caro Pagani, abbiamo un messaggio per te: in Vietnam non si suda proprio per un cavolo. Almeno non d’inverno, e ora è pieno inverno e noi ci scaldiamo i piedi con il phon. Mangeremmo anche il panettone se ne avessimo uno, ma qui non si usa, qui preferiscono lo stufato di cane. Paese che vai…
Persino a Cat Ba, di fronte alla baia di Halong, dove d’estate i turisti si riversano a frotte, ci siamo giusto noi e qualche altro pellegrino intirizzito. L’isola è in effetti molto bella come ce l’avevano descritta, ma il cielo si apre giusto il tempo di un tramonto per poi tornare grigiolino. Un rosario di agenzie sul lungomare sponsorizza la classica crociera nella baia, otto ore di navigazione con stop per nuotare nelle acque cristalline e fare kayaking tra le grotte. La grafomane rabbrividisce solo al pensiero. L’ingegnere prenota.
Il mattino dopo la primavera non è ancora arrivata. Peccato. Salpiamo in 20 su una nave da 50. Ammiriamo i villaggi galleggianti dei pescatori, apprendiamo che qui le ostriche costano 25 centesimi al chilo e intanto ci scrutiamo guardinghi chiedendoci se gli altri, sotto i felponi e le giacche tarocche della North Face comprate la sera prima, indossano il costume o l’intimo termico per andare a sciare. Al momento di calare le canoe in acqua qualcuno sembra ripensarci. Pagaiamo per scaldarci, senza un briciolo di eleganza. Qualcuno (no, non l’ing) si tuffa, guadagnandosi la palma di cretino del giorno. Il kayak della coppia irlandese imbarca acqua, lui finisce a mollo vestito di tutto punto, ed è subito martire.
La sera, a cena, uno zuppone bollente non ce lo toglie nessuno. Speriamo sia l’ultimo: domani si riparte, andiamo verso sud. Dove, dicono, l’estate è già arrivata.