San Pedro de Atacama, con le sue strade polverose e poco altro, pare il set di un film western, con la differenza che al posto dei banditi che ti sparano addosso qui hai i procacciatori delle agenzie che ti tendono agguati a ogni passo. Venghino, signori, venghino: per chi si vuole svegliare alle 4 (non noi) c’è la gita ai geyser, per chi ama mirare le stelle la serata con l’astronomo (nel giardino di casa sua: ti offre pure biscotti e vino, peccato che abiti vicino a un campo di calcetto illuminato a giorno). Noi optiamo per la Valle della Luna e ne restiamo affascinati, felici di riuscire a stupirci ancora dopo quattro mesi di meraviglie quotidiane. Tra rocce erose dal vento e altre cesellate da acque antiche (quelle moderne sono parche: oggi questa è la zona più arida del pianeta, piove giusto qualche giorno all’anno), paesaggi lunari e dune di sabbia imponenti e levigate come seta, il deserto di Atacama, dal quale ci aspettavamo poco e nulla, schizza in alto nella nostra classifica di viaggio e chiude in bellezza il capitolo cileno. Domani si riparte – troppo sarebbe rimanere una terza notte nell’ostello più brutto, squallido, scomodo e mal gestito del mondo, dove la proprietaria ci odia a prima vista e noi ricambiamo con altrettanto ardore. Ciao Cile, paese lungo lungo dalle coste sbriciolate, filo sottile teso dal deserto fino ai ghiacci dell’Antartide. Paese di vulcani e terremoti, dove la natura è maestosa e ostile e gli abitanti tutto il contrario, piccoletti e accoglienti, ma fieri che più fieri non si può, pieni come sono di motivi di vanto – dai paesaggi da cartolina a Pablo Neruda passando per il vino, ah, il vino! non toccate il vino ai cileni! Meglio berne un altro bicchiere con loro e brindare al nostro viaggio, che continua verso la Bolivia.