La Paz ce la guadagniamo con 10 ore di bus da Rurrenabaque, curve infinite e ancor più buche. Arriviamo prima dell’alba: la città è un albero di Natale a testa in giù illuminato da mille lucine, un cono rovesciato che ricorda l’Inferno dantesco, con la differenza che il peggio – i bassifondi, che qui non dovrebbero chiamarsi così – sta in alto, il centro in basso, dove convergono, come nel fondo di un barile, monumenti, hotel, ristoranti, negozi, bancarelle, bancarelle e altre bancarelle ancora.
Per la gioia immensa della grafomane, La Paz è un gigantesco mercato a cielo aperto dove comprare di tutto, dai tessuti alle banane, un dedalo di vie che vediamo dapprima deserte – arriviamo di Venerdì Santo e di Venerdì Santo i boliviani nemmeno ti vendono la birra – e poi man mano più popolate con il passare dei giorni. Giriamo guardinghi, lo zaino lucchettato e i soldi nascosti quasi nelle mutande, allertati dagli avvertimenti di chi ci ha dipinto la città come l’impero del crimine. Alla fine ci va meglio che a Santiago e la cosa peggiore che ci capita è la cena da Tia Gladys, mannaggia a lei e alla sua cucina. Prendiamo il teleferico, la funicolare, che qui funziona come la metropolitana da noi, saliamo e scendiamo come sulle giostre, ammirando un paesaggio di case fitte e monocrome, una distesa di mattoni grezzi che rende la città compatta e uniforme. Fendiamo mercati estesi come quartieri, inventariamo merci mai viste prima – pop corn grandi come pugni, patate che paiono sassi bianchi, angurie dalla polpa arancione – passiamo in rassegna gli studi degli indovini che leggono il futuro nelle foglie di coca. Al mercato delle streghe i feti di lama penzolano dai tendoni – servono per i riti propiziatori alla Pachamama, la Madre Terra – si vendono pozioni d’amore e amuleti portafortuna. Al diavolo il XXI secolo, chissenefrega del pensiero razionale. Siamo in Bolivia, siamo a La Paz: è bello così, è giusto così. Dopo un paio di giorni non ci stupiamo più di niente, nemmeno delle cholitas (le native aymara, le signore belle con gonnelloni e bombette) trasformate in star del wrestling in uno degli show più trash di sempre. Grazie La Paz, dopo di questo sarà veramente difficile dimenticarti.
L’ing con le cholitas star del wrestling.