Il Cile l’abbiamo amato per la sua gente (ladro che a Santiago ha rapito Montone a parte), la Bolivia per i paesaggi che, dal Salar de Uyuni alla Isla del Sol, ci hanno letteralmente ammazzato di bellezza. Il Perù ci accoglie con la torta della señora Herminia, al mercato di Urubamba, e un litro di succo di frutta frullato all’istante e bevuto direttamente dalla brocca con la cannuccia. Già ci piace.
Il Valle Sagrado, la valle sacra tra Cusco e Machu Picchu, è l’antipasto del mitico Inca Trail che ci attende tra qualche giorno. “Vediamo di riposarci”, suggerisce la grafomane, già in ansia per lo sbattimento alle porte. “Dobbiamo allenarci”, ribatte l’ingegnere carico come una mina. Alla fine camminiamo senza sosta tra rovine e saline, dalle terrazze circolari di Moray, dove gli inca facevano esperimenti agricoli, e Maras, dove si produce il sale che viene usato per il vero ceviche, la specialità peruviana a base di pesce marinato, aglio, cipolla e rutto libero.
Camminiamo, camminiamo, camminiamo. A tempo perso visitiamo il Tambo del Inca, mega albergo della Starwood dove l’ing sfoggia la sua membership per impressionare il capo concierge. “Avremmo dovuto prenotare qui!”, si duole il ruffiano per compiacere il nuovo amico, sorvolando sul fatto che invece dormiamo in un hostal da 10 euro a notte e ceniamo in polleria.
Camminiamo, camminiamo. Camminiamo anche a Pisac, dove la grafomane, che potrebbe dare sfogo alla sua sete di shopping in uno dei mercati più rinomati del Perù, alla fine è così stanca che non compra neanche un fazzoletto. “Riposiamoci”, supplica, mentre quell’altro la trascina a passo di marcia in cima alle rovine della città (bellissime). Gradone dopo gradone, salita dopo salita, a un bel momento ce ne andiamo a Cusco, dove ci confondiamo tra la folla del mercato di San Pedro, paradiso del salchiapaparo unto (versione peruviana del lurido di San Siro), tra i bohémien del quartiere di San Blas (leggi: giovani che si lavano un giorno sì e uno no), tra i turisti nei negozi di alpaca del centro. “Riposiamoci”, implora la grafomane in hotel, dopo aver puntato la sveglia alle 5:20. Ma l’hotel sembra un albergo a ore e di dormire non se ne parla. Così, freschi come le rose, siamo finalmente pronti per partire alla volta di Machu Picchu.
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