Una delle tante cose che abbiamo imparato in anni di viaggi, e negli ultimi cinque mesi in particolare, è che della Lonely Planet non c’è mai troppo da fidarsi. Se la guida dipinge Arequipa come città imperdibile dove fermarsi almeno qualche notte ad assaporare bellezze architettoniche ed atmosfera, noi, per contro, la prendiamo subito in antipatia. Sarà che sono le 8 del mattino e il bus notturno era una ghiacciaia; sarà che il tizio che dovrebbe ospitarci non risponde al campanello; sarà che poi arriva sua sorella ad aprirci e ci porta nella nostra stanza, dove re Acaro ci dà il benvenuto circondato dai suoi sudditi, Germi e Malattie della Pelle. Insomma, con Arequipa inizia male. Poi migliora (al supermercato vendono delle ottime salviette disinfettanti per pulire il bagno), ma nemmeno la visita al Monastero di Santa Catilina, una vera città nella città, con strade, botteghe e scorci blu e rossi da cartolina, ci riconcilia del tutto con questo luogo tanto decantato. Con un giorno d’anticipo richiudiamo gli zaini, salutiamo il Nemico dell’Igiene e andiamo verso il Cañon del Colca, il terzo canyon più profondo al mondo (i primi due sono in Cina e Nepal). Ovviamente per visitarlo scegliamo l’opzione trekking, visto che abbiamo ancora i muscoli caldi dall’Inka Trail appena concluso e ci piace farci del male. Così scendiamo per un’intera giornata, da quota 3.400 a 2.300 metri, scivoliamo sulla ghiaia, ci facciamo cuocere dal sole, andiamo a dormire alle 8 in un bungalow senza elettricità ma con un sacco di ragni. Alle 4 siamo già in piedi, pronti a risalire prima che faccia troppo caldo: per tre ore ci inerpichiamo, inizialmente alla luce delle torce, poi dei primi raggi. Attorno a noi, un paesaggio surreale e possente, che ci consola della fatica. Sulla strada del ritorno, il canyon cede il passo alla valle, verde e più dolce, con le sue pendici terrazzate a perdita d’occhio. Alpaca, lama e vicuña scorrono pacifici fuori dal finestrino del bus. “Ciao, cena”, li saluta il perfido ingegnere. Ma per cena ci aspetta dell’orrida sbobba a bordo dell’ennesimo bus. Forse dovremmo rallentare un po’ le tappe, ma con orrore ci rendiamo conto che ormai manca meno di un mese…