8:30 del mattino. L’aereo è un Cesna sei posti di quelli dai quali l’ingegnere, nella sua follia paracadutista, suole lanciarsi. “Un salto lo farei”, fa lo splendido, ma un attimo dopo si premura di chiedere al pilota se ci sono i sacchetti per il vomito, perché sa già che lo scatolotto alato piegherà parecchio per permettere a tutti i passeggeri di vedere bene i disegni sul terreno. Siamo a Nazca, sputacchio urbanizzato in mezzo al deserto peruviano. Un luogo dove difficilmente si fermerebbero i gringos, non fosse per le famose, misteriosissime linee che qualcuno – gli antichi abitanti del luogo? gli alieni? – ha lasciato in eredità all’industria turistica locale. Per mezz’ora sorvoliamo la piana, avvistando lo zoo al completo: la balena stilizzata, il colibrì, la scimmia, il ragno, il cane, il pappagallo, il condor. Ci facciamo un sacco di domande, come tutti quelli che, prima di noi, si sono trovati davanti a questo spettacolo. Amici Nazca, ma come v’è venuto il mente? Eravate forse graffitari ante litteram? O davvero nel deserto ci si annoiava così tanto che un giorno vi siete svegliati e vi siete detti: Cia’, tiriamoci due righe? E se fossero stati gli alieni, come sono in tanti a pensare? Omini verdi venuti dallo spazio, in vena di fare uno scherzone a questi umani prima di ripartire, tipo scrivergli Scemo chi legge sul vetro dell’auto?
Solo molte ore più tardi, su un buggie lanciato a folle velocità sulle dune di sabbia di Huacachina, formuliamo le nostre teorie. Le linee di Nazca sono le sgommate di un veicolo venuto dallo spazio, sostiene la grafomane. Anzi no, enormi piste per le biglie aliene, rilancia l’ingegnere. Sì, sì, tracciate con il culo di E.T. Ecco, per noi il caso è chiuso.
Quanto alle dune di Huacachina, a un passo dalla città di Ica, sono meglio delle giostre di Gardaland, e fare sandboard è un’attività da turistelli ventenni, ma non ce ne frega niente e ci divertiamo tantissimo. Peccato che Ica invece sia brutta e caotica, l’ultimo posto al mondo dove uno vorrebbe fermarsi a rilassarsi, patria degli assalitori che ti offrono taxi, mototaxi, cibo, alcol, massaggi. E allora ciao, ripartiamo di nuovo, arriviamo a Paracas e ci piantiamo in riva all’oceano a grattarci la pancia, mangiare ceviche piena di cipolla e bere pisco come se fosse acqua, “perché siamo nella regione del pisco, che cavolo vuoi bere?”. Un giro alla riserva, due foto al paesaggio drammatico e poi un altro bus, l’ennesimo. La schiena ringrazia. Lima ci aspetta: per la prima volta negli ultimi venti giorni ci concederemo due notti nello stesso letto. Alé!!!