Fuori da Bogotá, che da 1 a 10 ci è piaciuta 1, la musica cambia. Con il passare dei chilometri il paesaggio si fa verde, le strade tortuose. I lavori in corso rallentano il bus sui tornanti, ma, per quanto esasperati all’ottava ora di viaggio, almeno guardiamo fuori dal finestrino e vediamo qualcosa di bello. L’eje cafetero, la zona di produzione del caffè che è fiore all’occhiello della Colombia, è un susseguirsi di paesini che vivono di piantagioni e turismo, da scegliere più o meno a caso sulla mappa, seguendo i consigli della guida o il suono di un nome più evocativo di un altro. Ci sono Pereira, che la grafomane sosterrebbe in memoria di Antonio Tabucchi, Manizales, che impariamo a dire bene solo dopo quattro giorni (prima Mazinales) e anche Filandia, che del nord Europa non ha né il clima né la enne. Alla fine vince Salento, perché anche dall’altra parte del mondo ci piace l’idea di andare a ballare in Puglia: una strada principale e poche altre, uno stuolo di hostal e ristoranti (alla faccia che il turismo è cosa recente), un paio di bar “male” dove i local giocano a biliardo e carretti di arepas a ogni incrocio, caso mai ti venisse fame tra una trota fritta e un patacon, specialità a base di platano (a sua volta fritto, claro).
Tra una lunga passeggiata alla valle di Cocora e la doverosa visita a una finca cafetera, è qui che cominciamo ad appropriarci delle prime vere verità riguardo alla Colombia:
1 – I colombiani sono accoglienti e ossequiosi, amano dispensare consigli (soprattutto in fatto di cibo) e punteggiano ogni loro frase di formule di cortesia, in un tripudio di por favor e con mucho gusto che presto anche noi useremo altrettanto generosamente.
2 – I colombiani – non tutti, almeno – non abusano di crack e cocaina. Vera droga nazionale è l’arepa di mais, ingurgitata da mane a sera, dolce o salata, accompagnata da lunghe salsicce, badili di burro o colate di miele.
3 – Spesso la comida tipica è una sfida alla Man versus food. Cioccolata calda con dentro tocchi di formaggio filante, trote annegate nel latte di cocco fino a sparire, specialità dai nomi evocativi come il peto, frittelle per ogni gusto. Pancia mia fatti capanna, anzi hangar, e che Dio ce la mandi buona, ché siamo solo all’inizio.
3 – Il caffè è lungo, nero, servito a mestolate, finalmente bevibile seppur lontano dal nostro nettare di moka.
4 – Gli autisti di bus guidano come pazzi, a velocità folle sui tornanti di montagna. Effetto Gardaland assicurato, e secchi di vomito per l’ingegnere che soffre il mal d’auto.
5 – Andare alle terme di Santa Rosa il venerdì sera è una pessima idea. Belle le vasche di acqua calda sotto la cascata, bello il verde tutto attorno, ma pare di stare alla piscina comunale ai primi caldi, con tu’ mamma, tu’ nonna, tu’ zia e li nipoti – tutti li nipoti – la griglia a bordo vasca e la salsa come sottofondo. Manca solo la parmigiana di melanzane e la poesia è scritta.
6 – Piove, governo ladro. Ma è la stagione delle piogge, cosa ci aspettavamo?
Continua…