Sì, siamo a casa da un mese e ci siamo già rotti le palle. Bello rivedere gli amici, bello farsi la doccia senza prendersi i funghi ai piedi, bello avere una scelta alimentare diversa dalle banane fritte, quantomeno a colazione. Però Montone un po’ di pena ce la fa, lì fisso sullo scaffale del salotto tra i manga dell’ingegnere. Mai un’emozione, un rapimento, una caduta nel fango. Così ripartiamo, anche solo per un weekend, anche senza riempire uno zaino da 12 chili. Nelle borse della moto dell’ingegnere – altra storia rispetto alla nostra Milagros, questa supera i 40 all’ora – ficchiamo giusto i sacchi a pelo e una bottiglia di rum, quanto basta per sopravvivere a una serata con due amici incontrati 12.200 chilometri fa.
Davide e Tatiana li abbiamo conosciuti ad Atacalco, in Cile, sede del distaccamento sudamericano di PachaMama, la loro organizzazione per il turismo outdoor e l’educazione ambientale. E ora che siamo tornati tutti alla base – loro per qualche mese, noi un po’ di più – vuoi non andare a trovarli a Rocchetta Tanaro e, con la scusa di partecipare al trekking domenicale che hanno organizzato sui sentieri Unesco, fingere di essere ancora dall’altra parte del mondo?
Dunque domenica camminiamo per 27 chilometri tra valle, cresta e mezza costa, attraverso le aree protette della Val Sarmassa e del Parco Naturale di Rocchetta. Costeggiamo le vigne, ci addentriamo nei boschi, passeggiamo accanto al fiume. Sudiamo come i maiali perché c’è un sole spettacolare che ci ustiona a strisce, tatuandoci in faccia gli occhiali, sulle spalle le bretelle dello zaino. Fanno strada Davide e gli altri istruttori di survival, gentaccia in mimetica che tiene un passo da marines e ti incita dicendo: «Il peggio deve ancora venire», abituata a sopravvivere nei boschi accendendo fuochi, succhiando erbe e facendo bollire l’acqua delle pozze. Il gruppo tiene il passo, l’ingegnere rispolvera l’orgoglio di Machu Picchu e parte in quarta come Bolt. La grafomane arranca ma resiste.
Sarebbe più semplice se la sera prima non avessimo celebrato la reunion con una cena faraonica preparata da Romina, l’ottima cuoca dell’Ostello PachaMama e nemica pubblica n. 1 del girovita: carne cruda, affettati, lasagne e dolce, litri di Barbera e per digerire rum, grappa e micidiali zuccherini alcolici che fanno molto “moriremo tutti come i poeti maledetti”.
Però che bello. Che meraviglia consumarsi i piedi in mezzo a una natura sorprendente, dimenticarsi che domani è lunedì, ritrovare qui la stessa buena onda che ci aveva rapito ad Atacalco quattro mesi fa. Che gioia unirsi ai ragazzini del Pony Club per un’escursione notturna, loro esagitati come è giusto che sia durante una gita di fine anno, noi brilli e titubanti – «ma che ci andiamo a fare nel bosco col buio che manco ci reggiamo in piedi?» – con Davide che in un attimo si trasforma e diventa voce guida, guru nelle tenebre, incantatore di serpenti, pifferaio magico. Noi lo seguiamo ipnotizzati come topi, ci ritroviamo a respirare profumi, tastare la terra, camminare all’indietro, correre senza vedere un accidente. A pensare: «Mioddio, com’è successo, cos’è capitato, siamo forse stati teletrasportati in un altro continente, in un bosco del Cile, sotto le stelle dell’emisfero australe?». Domani è lunedì, ma ci penseremo domani.
PachaMama si divide tra il Piemonte e le Ande cilene, lavora con gli adulti e i bambini, organizza laboratori didattici, trekking e corsi di sopravvivenza. È una realtà così variegata che non si può spiegarla in due righe: meglio provarla: http://pachamama.international |