Milano, fine luglio. Sono le 8 di sera ma fa ancora un caldo pazzesco. Leonardo Piccione ci guarda speranzoso: «Entriamo, che c’è l’aria condizionata?». Lui, che nell’ultimo periodo ha passato due inverni e un’estate in Islanda, a questo clima non c’è più abituato. «E neanche alla città, a dire il vero», confessa davanti a una birra. Husavik, il paesello che ha scelto per le sue trasferte, è un puntino da 2.300 abitanti sulla costa nord dell’isola: una piscina, una stazione di servizio, una panetteria che chiude alle 4 del pomeriggio e un Museo dell’Esplorazione, dove Leonardo lavora, dedicato agli astronauti che proprio da quelle parti facevano le esercitazioni in vista dei viaggi sulla Luna. Un posto quantomeno bizzarro dove svernare, freddo come il banco frigo del supermercato ma meno frequentato.
Ma che ci fa lassù? Oltre a lavorare al museo, intendiamo. Che di musei ne avrebbe potuti trovare a bizzeffe anche qui. «La prima volta che ho sentito il richiamo dell’Islanda ero al liceo: studiavamo Leopardi (il Dialogo della natura e di un islandese), il fenomeno fotoelettrico che provoca le aurore boreali, i vulcani. L’ho preso come un segno che avrei dovuto andarci», racconta. Così nel 2014 ci va in vacanza (Montone ci era andato nel 2013: qui), due anni dopo torna e per un mese fa workaway (lavoro in cambio di vitto e alloggio) in un caffè-libreria di Selfoss. È in quell’occasione che comincia a raccogliere storie dalla gente del posto: storie di ieri e di oggi, leggende e ricordi personali o di famiglia. Tutte legate, in un modo o nell’altro, ai vulcani. Leonardo ascolta e scrive: quando torna in Italia, già sa che ripartirà. E difatti riparte, trova un impiego al museo di Husavik, si butta nelle ricerche. Gli islandesi, perplessi all’inizio, si aprono, lo adottano. Qualcuno gli legge ad alta voce vecchi libri, traducendoli, perché lui possa prenderne spunto. Il risultato sono i 48 racconti di un libro ancora senza titolo, che uscirà a febbraio 2019 presso Iperborea, la casa editrice degli scrittori del nord, che per la prima volta pubblica un autore italiano.
A questo punto Leonardo potrebbe anche tornare a casa, ma forse no. Ora che ha scoperto l’Islanda più autentica, quella degli inverni dove il ritmo rallenta e la gente si rintana, senza nient’altro da fare che coltivare le proprie passioni, forse ha voglia di restarci. «È il posto migliore per scrivere», giura. «Non è un caso se un islandese su dieci pubblica almeno un libro nell’arco della vita». Se l’estate porta turisti e frenesia – nel 2017 i visitatori sono stati 2,7 milioni, contro i 330mila abitanti dell’isola – la stagione fredda (più fredda), con le sue notti infinite e la neve che non smette mai di cadere, cambia la velocità della vita. Se da giugno ad agosto hanno tutti 3-4 lavori, nessuno dorme, bisogna fare tutto quello che non si potrà fare poi, nel resto dell’anno si è costretti a prendersi il proprio tempo. Il che, a voler guardare, non è così male. «Certo, a volte è un po’ noioso, la solitudine si fa sentire. I miei coetanei sono tutti all’estero o a casa con i bambini, perché loro mettono su famiglia prestissimo». E allora non resta che ascoltare la voce dei vulcani. Che hanno tanto, tantissimo da dire.
Il libro di Leonardo Piccione uscirà a febbraio. Se nel frattempo volete un assaggio della sua prosa, trovate un suo pezzo in The Passenger, raccolta di saggi, inchieste e reportage dedicati all’Islanda (ed. Iperborea, 176 pagg, 16 euro su Amazon).