«Mi raccomando, non andate nei luoghi proibiti dal contratto». Il ragazzetto del car rental, con piglio da professorino tignoso, ci aveva avvisato: niente Ushguli, Omalo e Gergeti. Peccato che Ushguli, paesello montano della remota regione degli Svaneti, rappresenti proprio l’apice del nostro itinerario, quello che abbiamo puntato fin dall’inizio. E andate voi a spiegarlo all’ingegnere che non può fare qualcosa che ha deciso di fare. Così, sprezzanti del pericolo, ci inerpichiamo con il nostro Duster immacolato (ancora per poco) sui fangosi tornanti del Caucaso. La strada, per la verità, è meno dissestata di quanto pensassimo, i crateri meno spaventosi di quelli assaggiati in Vietnam in sella alla compianta Milagros (qui), il panorama talmente bello nel suo tripudio d’autunno giallo, rosse e nero da cancellare tutto il resto (tranne la multa che prenderemo, visto che il noleggiatore ci segue via Gps come una spia del Kgb). Ushguli, manciata di case e torri difensive tra gli alti pascoli, è una cartolina fuori dal tempo, un gioiello vivido che mai nella vita avremmo voluto perderci. Passeggiamo, scarpiniamo, arriviamo fino alle pendici del ghiacciaio scivolando nel fango e sulle rocce, mentre un trio di cani infoiati, che ha preso a seguirci come i topi il pifferaio magico, ci si accoppia tra le gambe per 20 chilometri, rischiando di precipitarci in un canyon. Per immergerci nella realtà del posto e fare gli hipster che non siamo, ci spariamo un film georgiano sottotitolato, Dede, girato in loco e pluripremiato, proiettato per noi soli al bar del paese, poi dormiamo da Signo’ (la signora della guesthouse di cui non apprenderemo mai il nome perché non abbiamo una lingua con cui chiederglielo), che prepara pane e formaggio in casa e ce li serve entrambi ancora fumanti.
Poi scendiamo, rotoliamo verso sud, arriviamo fino ai monasteri rupestri di Vardzia, gigantesca città sacra scavata nella roccia, e David Gareja, una follia di gallerie affrescate a picco sull’Azerbaigian, circondato da un deserto quasi lunare dove spunta, qua e là, una base militare, ché siamo al confine e vuoi non metterli, due soldatini? Già che ci siamo sperimentiamo pure un po’ di vita campagnola, ospiti di una guesthouse dove l’unica toilette è in fondo alla cantina dove i vini stanno a fermentare, così anche far pipì diventa un’esperienza inebriante e frizzantina. E poi d’un tratto ci rendiamo conto che mancano due giorni e si torna a casa.
Continua –