La tentazione di mantenere alta la suspence è forte, ma no, meglio spoilerare: diciamolo subito che in Norvegia l’aurora boreale non l’abbiamo vista, così ci mettiamo l’anima in pace e via, procediamo sereni con il racconto dolente di una vacanza riuscita solo a metà, sorta di ciambella senza buco (ma con molto muco, come si scoprirà poi).
Eppure le premesse non erano male. Marzo è ancora un buon mese per dare la caccia alle luci verdi che secondo i sami, la popolazione locale, altro non sono che l’energia sprigionata dalle anime dei defunti in viaggio verso l’aldilà. Così voliamo – noi e i nostri amici Gloria e Francesco -oltre il circolo polare artico, fino al 69° parallelo nord, pieni di speranza, antiestetici indumenti termici e scatolette di tonno, ché da quelle parti è tutto caro come il fuoco e non vorremmo mai doverci vendere il Montone. Tromsø ci accoglie con un cielo lattiginoso e le strade ingombre di ghiaccio spappolato: ci restiamo giusto il tempo di capire che non basta guidare ore e ore nella notte per assistere al miracolo. Dunque procediamo verso le Lofoten, allettanti isolette punteggiate di villaggi di pescatori. Piove e nevica, nevica e piove. Mangiamo panini in auto perché fuori fa freddo, peliamo carote sul ciglio della strada, beviamo una birra (in quattro) alla sagra del merluzzo, ci facciamo ipnotizzare dalle cattedrali di pesci messi all’aria a essiccare. L’ingegnere guida incessantemente, la grafomane dorme ed espettora come una tabagista irrecuperabile, Gloria parla e sferruzza, Francesco placa il suo appetito da idrovora. Montone spunta dallo zaino per le foto di rito, ma si confonde con il bianco del paesaggio. Troviamo alloggio in un ex granaio, dove i padroni di casa, una simpatica coppia di signori, ci fanno visita portando waffles, formaggio e tè. Ci sentiamo Gesù bambino e siamo felici.
Le previsioni del tempo però fanno schifo, così cambiamo direzione e andiamo verso Alta, dove ci aspettano il sole, la gita con le slitte trainate dai cani e quella in motoslitta, la visita al museo e alla cattedrale, pure un’ottima cena a base di renna. Cosa vogliamo di più dalla vita? Eh, andate a quel paese.
Ci spariamo l’ultima cartuccia al confine tra Norvegia, Svezia e Finlandia, dove il cielo è terso e stellato e il termometro arriva a -16°C. Qui l’ing riesce a catturare con la macchina fotografica qualcosa di simile a un bagliore verde: non più di un alone in cielo, praticamente invisibile a occhio nudo. Decidiamo di ricorrere a Photoshop, o forse all’Lsd. Il giorno dopo, l’ultimo, torniamo a Tromsø, dove anneghiamo la delusione nella birra Mack, qui prodotta nel birrificio più a nord del mondo e venduta a caro prezzo allo storico pub Ølhallen. Ripartiamo con le pive nel sacco, maledicendo la sorte, l’aurora e li mortacci sua. L’ing già sogna di riprovarci, magari in Finlandia sotto Natale. La grafomane cerca un volo per Bali.