Gli hamer, una delle etnie principali della Valle dell’Omo, ci piacciono fin dal primo momento. Le donne ci accolgono al villaggio senza troppo scomporsi, i gonnellini di pelle legati in vita e le cinture tintinnanti di piccole chiavi; quelle sposate sfoggiano stilose treccine imbrattate d’ocra e resina, le prime mogli si distinguono per ingombranti collier a forma di cappio, una vera chiccheria. I bambini – decine, tutti belli anche ai nostri occhi d’Erode – hanno teste rasate e mini creste che li fanno sembrare dei baby Balotelli. Basterebbe questo, e la pace che si respira tra le loro capanne al tramonto, per renderceli simpatici. Ma a far impennare l’indice di gradimento è la cerimonia del salto dei tori, il rito di passaggio all’età adulta per i giovani maschi, alla quale assistiamo invece che andare dai mursi (che potrebbero spararci contro). Un colpaccio, perché non è cosa da tutti i giorni: il rito è solenne, la festa grande, parenti e amici arrivano dai villaggi vicini e si mischiano ai faranji armati di Reflex; le donne suonano corni e agitano campanacci legati alle caviglie, saltano e urlano, fanno un casino da stadio; le più vicine all’iniziato, sorelle e altre consanguinee, gli dimostrano affetto in una maniera alquanto originale, facendosi frustare a turno da un paio di atletici addetti dal viso pittato. Grida, scudisciate, sangue: se volevate il fascino tribale, signori, eccolo qua. Intanto si avvicina il momento del salto vero e proprio, che in realtà un salto non è ma una passeggiata sulla schiena di sette buoi messi uno accanto all’altro, andata e ritorno per due volte. Tenerli fermi è un’impresa ma ci pensano gli uomini più forti: quando finalmente il festeggiato, nudo, snello e atletico, prende la rincorsa e inizia a correre sulle bestie senza mai perdere l’equilibrio, il tutto dura un attimo, dopodiché il nostro è finalmente un uomo. E mentre la folla si disperde, qualcuno distribuisce già gli inviti per la prossima cerimonia: ramoscelli verdi da annodare una volta al giorno per sette giorni, al termine dei quali sarà ora di recarsi all’appuntamento nel luogo indicato.
Uno show in piena regola, insomma, altro che il diciottesimo in discoteca. Molto suggestivo, e anche selvaggio. Ma ancora più selvaggio, e desolante, è l’atteggiamento di alcuni turisti che, mentre gli altri allungano il collo per vedere ma si tengono a debita distanza, scavallano gli stessi hamer pur di stare in prima fila. Dalla signora con un ridicolo poncho giallo che vaga come in trance in mezzo alla scena, alla bionda rapace che sgomita, si infila, scatta a raffica e non si sposta nemmeno quando a chiederglielo è la guida, sono l’espressione peggiore della nostra cosiddetta civiltà. Ci vergogniamo di loro e per loro, gli unici veri primitivi di questa storia che finisce così, con la convinzione che il terzo mondo siamo noi.
CONSIGLI PRATICI Visitare i villaggi Le tribù della Valle dell’Omo hanno fatto del turismo un business. Per visitare i loro villaggi bisogna pagare 200 birr d’ingresso a persona (circa 6 euro), più altri 400 a gruppo per la guida locale obbligatoria (12 euro) e 200 a testa per scattare foto. Per il salto dei tori i prezzi salgono: 800 birr d’ingresso (24 euro, che però comprendono le foto) più 400 di guida (12 euro). Quanto al trasporto, è necessaria la macchina; chi non ce l’ha può aggregarsi ad altri tour o noleggiare una moto come hanno fatto due tedeschi che abbiamo incontrato. Anche in quel caso, però, sarà necessaria una guida del posto che vi accompagni, perché alcuni villaggi sono remoti e le strade per raggiungerli praticamente inesistenti. |