Oman/4 – Verso sud: il grande nulla
Abbiamo viaggiato in auto dai deserti desolati dell’Oman alla lussureggiante Salalah, scoprendo spiagge, dune e straordinarie lagune rosa lungo la strada, finendo stanchi ma innamorati di questi paesaggi.
Abbiamo viaggiato in auto dai deserti desolati dell’Oman alla lussureggiante Salalah, scoprendo spiagge, dune e straordinarie lagune rosa lungo la strada, finendo stanchi ma innamorati di questi paesaggi.
Per molti l’Oman termina all’altezza di Ras Al Jinz: viste le tartarughe (o non viste) si torna a Muscat e poi a casa. Altri prendono un volo per Salalah per avere un assaggio del sud. Noi, che non ci facciamo mai mancare niente, gli oltre mille chilometri di strada costiera che ancora ci separano dalla seconda città del Paese ce li facciamo in auto in due giorni, affrontando ore e ore di nulla, lande desolate, stradoni asfaltati che tagliano le dune e poi, più avanti, il deserto di ghiaia. La prima notte dormiamo su uno spiaggione infinito e spazzato dal vento, dove piantare la tenda è arduo come andare al fiume a prender l’acqua con gli otri bucati, mentre un omanita gentile spunta dal buio per offrirci una brocca di caffè misto a sabbia. Ceniamo in paese nell’unico locale indiano che accetta di sfamarci – gli altri adducono scuse del tipo: “Il cuoco è andato alla polizia a rifare il documento di identità” – poi torniamo all’accampamento a lottare contro l’alta marea, che minaccia di travolgere i nostri giacigli. Ale e l’ing costruiscono fossati difensivi ispirati alle piste per le biglie degli Anni 80. Ancora una volta, svegliarsi in riva al mare mentre il sorge il sole ci ripaga di tutto.
Voliamo – letteralmente, grazie ad Ale convinto di guidare il Generale Lee – sulle Sugar Dunes, bianche come zucchero, maciniamo chilometri nel vuoto della regione di Al Wusta, e poi altri e altri ancora. Ma un po’ alla volta il paesaggio comincia a cambiare, la noia della strada si spezza, spunta una laguna rosa qua, una parete rocciosa là. Entriamo nel Dhofar, la provincia più meridionale dell’Oman, dove d’estate cade una pioggerellina costante (il kharif) e tutto è verde. Non ora: tra Shwaymiya e Hasik il percorso è tanto brullo quanto mozzafiato, l’altopiano del Jebel Samhan arido e maestoso. La strada, scavata nella roccia, è un capolavoro d’ingegneria voluto dal sultano Qaboos per collegare la sua provincia nativa al resto del mondo.
A Salalah arriviamo di sera, sfiniti. Della città capiremo poco fino all’incontro con Alice (coming soon il capitolo dedicato a lei). Del resto – vedi le spiagge caraibiche di Fizayah, con le sue sabbie bianche e i granchi che si arrampicano sugli scogli, dove passiamo una giornata convinti di essere in paradiso – ci innamoriamo all’istante. Il viaggio è stato interminabile, ma ne valeva le pena. E c’è ancora dell’altro…