Val d’Ossola, questa sconosciuta. Decidiamo di esplorarla in due dei nostri weekend disperati in fuga dal caldo. Peccato che la prima volta scegliamo di pernottare a Crodo, il paese del Crodino (che però da qualche anno viene prodotto altrove), che è tanto grazioso ma pare una fornace. Il refrigerio si trova più in alto, attraversando i borghi delle streghe – Croveo e Baceno, dove nel 1600, ai tempi dell’inquisizione, moltissime donne furono arrestate e bruciate solo perché conoscevano le erbe di montagna e come usarle: niente di molto diverso da ciò che succede oggi – fino a Riale, da dove partono i sentieri (erti) per rifugi e laghi artificiali. Di base, comunque, passiamo il sabato a sudare copiosamente. Va meglio il giorno dopo, quando conquistiamo il Lago delle Streghe all’Alpe Devero, con una camminata semplice tra boschi e praticelli, da Devero ai ponti, dove parcheggiamo la moto, a Crampiolo, paradiso di casette in pietra, pascoli e mucche felici. Il laghetto alpino è una pozza cristallina – ottimo frigo naturale per la birra – che riflette gli alberi e il cielo: si chiama “delle Streghe” perché, secondo la leggenda, sarebbe nato da una pozza magica, dentro alla quale una strega, appunto, mostrò a una fanciulla la differenza tra l’amore terreno, destinato a finire, e quello divino ed eterno. La giovane scelse il secondo, diventando lei stessa una strega. E un po’ la capiamo, ché se dovessimo scegliere un posto per un sabbah questo non sarebbe affatto male. Sulla via del ritorno, infine, ci fermiamo agli Orridi di Uriezzo, gole che l’acqua dei ghiacciai hanno eroso nel corso dei millenni: ce ne sono tre ma il più spettacolare è l’Orrido Sud (bel titolo per un film), lungo 200 metri e profondo da 20 a 30. E così finisce la prima parte.
La seconda si svolge in Valle Anzasca, nome criminaleggiante dei luoghi bui ai piedi del Monte Rosa. Bui perché la montagna è talmente alta da tenerli in ombra per gran parte del giorno: è così d’estate, figurarsi d’inverno. Stupisce poco che borghi come Ceppo Morelli, dove dormiamo, siano ad alto rischio spopolamento. Dopo il Lago delle Streghe, questa settimana tocca a quello delle Fate: carino ma artificiale, non indimenticabile. Più interessante il giro alla miniera d’oro della Guia, la prima miniera-museo italiana e l’unica visitabile delle Alpi. Non più attiva da un pezzo e accessibile a tutti (anche ai disabili), è molto meno d’impatto della nostra amata, straziante Potosì, ma vale comunque un giro. Sotto, il proprietario tiene a invecchiare qualche centinaio di bottiglie di vino che vende agli alcolisti come noi. Quanto al Monte Rosa, ci saliremo un’altra volta: il tempo è incerto, noi pigri, quindi andiamo al lago di Mergozzo a girare per le viuzze e cercare (invano) un fazzoletto di prato in riva, non colonizzato da orde di esseri umani. Che fatica, l’asocialità…