Ci sono due cose che abbondano in Scozia, e non sono gli scozzesi, che tutti insieme arrivano forse alla popolazione di Singapore. La prima sono le pecore, fluffose palle bianche che interrompono il verde dei prati, punteggiano le colline, sculettano sul ciglio della strada e l’attraversano a tradimento, così sprezzanti del pericolo che lo stereotipo che le vuole pavide andrebbe debitamente rivisto. L’altra sono i castelli: circa tremila sparsi su tutto il territorio, più o meno uno ogni 260 chilometri quadrati. Alcuni sono in ottimo stato, tutt’ora abitati dai legittimi proprietari, altri sono aperti al pubblico e costituiscono una delle maggiori attrazioni del Paese, altri ancora sono in rovina, ma non per questo meno interessanti da visitare, anzi a maggior ragione pittoreschi e scenografici. Costruiti per ragioni difensive nel corso dei secoli più turbolenti della storia di Scozia – Braveheart l’abbiamo visto tutti, e quello è solo un capitolo del sanguinoso passato della nazione – la maggior parte di questi edifici, dimora di nobili e capi clan spesso in lotta tra loro, si trova in posizione strategica, su alture spazzate dal vento, promontori a picco sull’oceano, isolette in mezzo ai laghi. Noi ne incontriamo più d’uno sul nostro cammino. Edimburgo e Stirling in primis, imponenti ciascuno sulla sua rocca. Poi Balmoral, nella meravigliosa campagna dell’Aberdeenshire, residenza estiva della regina Elisabetta e suo preferito tra i palazzi della Corona, dove non possiamo entrare perché sua maestà è in loco (carino da parte sua sarebbe invitarci per un tè, ma sarà per la prossima volta). A Loch Ness snobbiamo il mostro ma, sotto un cielo grigio che non rende giustizia alle acque del lago, esploriamo quel che resta di Urquhart, fatto esplodere nel 1692 per evitarne la conquista da parte dei ribelli giacobiti (quelli, in estrema sintesi, che per 60 anni cercarono di rimettere sul trono gli Stuart, cattolici, a scapito di Guglielmo d’Orange e dei suoi eredi protestanti. Vi racconterei tutta la storia, soprattutto quella di Bonnie Prince Charlie, il bel principe Carlo, ma sarebbe lungo e questa non è la sede). Segue Dunrobin, nelle Highlands, abitato senza interruzione dal 1300 e ancora oggi meravigliosa abitazione dei duchi di Sutherland, che sanno in fatto loro e ogni giorno offrono ai visitatori, per la gioia dell’ingegnere, mini show di falconeria. Nei pressi di Wick, poi, inutile cittadina dell’estremo nord, troviamo Castle Sinclair Girnigoe, spettacolare nella luce del tramonto con i suoi muri cadenti vista oceano. In un afflato di romanticismo, l’ing propone di campeggiare tra le sue rovine ma la grafomane, voce della coscienza, gli fa notare che è sotto la tutela del World Monuments Fund e che sarebbe come piantare i picchetti dentro al Colosseo. Ripieghiamo dunque sul parcheggio dei camper, dormendo in auto come due barboni perché fuori tira un vento gelido e meglio barboni che morti di freddo. Proseguiamo. Di sfuggita passiamo dal castello di Mey, buen retiro della regina madre, e, molti chilometri più a sud, prima di imboccare il ponte per l’isola di Skye, da Eilean Donan, tra i più famosi di Scozia nonché set del primo Highlander. Ma è un altro castello a vincere il premio simpatia: quello di Kelburn, vicino a Glasgow, di proprietà dell’eccentrica famiglia Boyle, che l’ha fatto ricoprire di graffiti da un gruppo di writers brasiliani. L’ultimo che merita menzione, infine, è quello di Hogwarts, la scuola di magia di Harry Potter: quello usato per il film è ad Alnwick, nel nord dell’Inghilterra, ma sul viadotto di Glenfinnan passa ogni giorno lo stesso treno a vapore che nella storia porta gli studenti a destinazione. Lo spettacolo è assicurato.