Di giorno a Fuerte si lavora, ma quando si stacca non c’è tempo per Netflix. Corralejo è una cittadina bruttarella venuta su per i turisti, ma ideale per chi vuole tutto a portata di mano: una spiaggia graziosa dove l’acqua è spesso calma, i locali, i negozi, le scuole di surf. Da qui si parte per andare ovunque: basta un’auto e qualche ora libera. Con poco tempo a disposizione si va alle Dune e ci si sente nel Sahara o al vulcano Hondo per una passeggiata vista caldera, in un paesaggio lunare spazzato da un vento feroce, si arriva al Cotillo per il tramonto, a Lajares per assaporare le good vibes dei surfisti un po’ hippie un po’ chic, che scaricano le tavole dai furgoni e se le mettono sotto braccio come una baguette, scolpiti e spettinati in perfetto stile Point Break. Nel weekend si esplora. Andiamo a Los Molinos a farci ipnotizzare dalle onde, ci inerpichiamo in auto su scogliere pazzesche, a Esquinzo, la nostra preferita, sfidiamo i cavalloni (e la grafomane ne esce sconfitta). In barca arriviamo a Lobos, l’isoletta di fronte a Fuerte, dove ci sono giusto il faro, il porticciolo e tanta bellezza che a mala pena bastano gli occhi per raccoglierla tutta, e la corsa in gommone per tornare indietro è meglio di Gardaland. Vaghiamo: maciniamo chilometri verso sud, verso ovest, tagliamo dal centro e scopriamo deserti brulli e montagne – boschi mai, ché qui i boschi non ci sono, solo sassi e sabbia e niente tra te e l’orizzonte – ruderi abbandonati, capre e capre e capre che punteggiano di bianco e nero i pendii, fari sferzati dal vento e la minuscola Betancuria, l’antica capitale abbarbicata nell’entroterra, lontana dalla costa che più lontana non si può, dove si mangia capretto fritto ed escaldon di gofio, una mousse fatta con il mix di cereali tostati tipici delle Canarie e guarnita di abbondante cipolla, e si fa amicizia con gli anziani al bar, a patto di avere un timple da prestar loro per strimpellare (e noi ce l’abbiamo perché siamo con i nostri amici menestrelli). E poi Costa Calma, che se c’è vento così calma non è, la laguna di Sotavento piena di kite, la placida Jandia dove il trucco è fare come Orfeo nell’Ade, perché se ti guardi alle spalle vedi gli ecomostri e ti passa la poesia. Infine il Cofete, dove arrivare è un viaggio con happy ending su sterrato. Ma che meraviglia gloriosa: chilometri di spiaggia infinita, l’oceanomare che ruggisce o fa le fusa a seconda di come tira il vento, il blu e l’ocra, il bianco della schiuma, i riflessi dove si specchia il cielo. Siamo ancora qui e di questo posto abbiamo già nostalgia, come solo succede nei luoghi magici dove il tempo s’inceppa e smette di avanzare.