L’Albania ce l’avevamo lì in stand-by da un po’. Anni fa, quando abbiamo fatto il giro dei Balcani in moto, non l’abbiamo inclusa nell’itinerario perché l’assicurazione non la copriva. L’avevamo pensata per il 2020, ma poi qualcosa è andato storto a livello pandemico mondiale. A un certo punto abbiamo anche comprato un biglietto per Tirana, e per ragioni che non ricordo siamo invece finiti in Scozia. Nel mentre abbiamo alimentato la curiosità, che ha raggiunto il picco massimo quando abbiamo conosciuto Eri, che vive a Milano da vent’anni ma è cresciuta tra comunismo e guerra civile (qui l’intervista). Morale: quando a fine maggio 2022 siamo finalmente partiti, le aspettative, soprattutto lato Grafomane, erano a mille.
Segue cronaca randomica del nostro giro, durato dieci giorni e studiato per fare di tutto un po’: le montagne a nord, il mare a sud, città e siti assortiti (archeologici et industriali). Ve lo raccontiamo in disordine cronologico e geografico, così come viene e iniziando dalle città: piccole e grandi, belle e brutte, antiche e moderne. Non solo la ragione principale per visitare l’Albania, ma già che sei lì tanto vale.
1 – Tirana. Di primo acchito la diresti orrida, ma le faresti un torto. Per essere la capitale di un Paese che per mezzo secolo ha visto di tutto – comunismo, regime, isolazionismo, rivolte – se la cava anzi piuttosto bene. Per carità, la periferia è triste e cementata come ogni periferia che si rispetti, i vecchi quartieri hanno edifici a brandelli e cavi elettrici intricati come trame di un Harmony, i negozi non sono una tentazione manco a guardarli bendati. Ma il centro si è rifatto il look, piazza Scanderbeg (dal nome dell’eroe nazionale) nel 2018 ha vinto il premio come miglior spazio pubblico urbano d’Europa, sulle facciate grigie di tanti palazzoni sono esplosi i colori accesi dei murales voluti da Edi Rama, che prima di diventare premier è stato a lungo sindaco della città. Persino la piramide di Enver Hoxha, quell’orrore di mausoleo che il dittatore si era fatto costruire per autocelebrarsi, è chiusa per lavori in corso, che la trasformeranno in un centro multifunzionale per i giovani e la cultura. La gente si riversa nelle strade spaziose come nei viali delle località di mare, i bar si susseguono come i grani di un rosario, c’è musica, c’è festa, c’è vita. Il passato è ancora lì, nei bunker che si aprono come una ferita in pieno centro – scendi nei sotterranei di Bunk’art e ti ritrovi ai tempi della guerra fredda, risali e tiri un sospiro di sollievo – ma la sensazione è che qui tutti guardino nella stessa direzione: avanti.
2 – Kruja e Scutari. La prima è la città di Skanderbeg, l’eroe della resistenza ottomana vissuto nel Quattrocento. La seconda è la porta del nord. Sono le prime tappe che facciamo appena arrivati. Indimenticabili? Mmm, no.
3 – Berati. A sud di Tirana, la chiamano la “città dalle mille finestre” perché le sue case bianche in stile ottomano, tutte ammucchiate sulle colline ai due lati del fiume, di finestre ne hanno in effetti tantissime. Il colpo d’occhio è notevole, la salita al castello estenuante per il caldo, anche se parcheggiamo a tre metri dalle mura. Vale la visita? Sì.
4 – Apollonia e Butrinto. Categoria: siti archeologici. La prima fu città fiorente, fondata nel 588 a.C. dai greci in territorio illirico (l’Illiria di ieri è a spanne l’Albania di oggi, e io che pensavo esistesse solo nella Dodicesima notte di Shakespeare), poi passata in mano ai romani. Serve un po’ di fantasia per immaginarsela grande e brulicante di attività, oggi che le sue rovine riposano sonnolente tra campi silenziosi. Ma l’insieme ha il suo fascino. Butrinto però vince tutto: all’estremo sud del Paese, praticamente in Grecia, sta nel mezzo delle fresche frasche di un parco naturale. Si dice che sia stata fondata dagli esuli di Troia in fuga dopo la caduta della città: bravi ragazzi, ottimo lavoro. In seguito fu sotto dominio romano, bizantino, veneziano, ottomano. Un minestrone di culture che ha contribuito a renderla avvincente.
5 – Korça (pronuncia: Korcia, non Korca come in “ti corco di mazzate”), la piccola Parigi albanese nonché culla di un tesoro nazionale, cioè la birra omonima. Graziosa più della media, ordinata e pulita come nessun altro centro urbano che abbiamo visitato in zona, non ha particolari attrazioni turistiche a parte la cattedrale ortodossa e l’antico bazar trasformato in quartierino chic di bar e botteghe. Eppure fa venire voglia di fermarsi un giorno in più, o persino di tornare (possibilmente in occasione della festa della birra). Non lontano c’è Gjirokastra, che è un bel borgo storico dove però fa così caldo che, a parte trascinarci per le viette e poi su fino al castello, non riusciamo a fare altro di memorabile.
6 – Elbasan. Pare sia la città più inquinata d’Albania, a causa di un mega impianto metallurgico, oggi dismesso, costruito tra gli Anni 60 e 70, che per decenni ha riversato nell’aria e nel terreno tonnellate di schifezze. Metalurgjiku, così si chiama l’ex fabbricone, è un gigante la cui carcassa è lasciata lì a decomporsi. Ci passiamo perché a noi le rovine rovinate, anche quelle industriali, piacciono parecchio: le troviamo pittoresche. Queste no. Cioè, sì: vanno bene per un paio di foto. Ma poi pensi a tutto quello che c’è dietro, e sotto, e attorno. E non vedi l’ora di andare via.
7 – Bonus track: Gjakova (o Giacovizza in italiano). Già che ci sei, vuoi non fare un salto in Kosovo per permettere all’ingegnere di aggiungere una bandierina al novero dei Paesi visitati? È per questo, e per nessun’altra ragione, che passiamo da questa città dal centro piccolo eppure ipercurato, una via pedonale tutta baretti e neanche un ristorante dove mangiare (ma di questo si dirà più avanti). Certo non ci verrei apposta dall’Italia, ma in fondo i posti brutti sono un’altra cosa (tipo Durazzo, ma per questo vi rimandiamo al secondo atto).
Continua…