Albania, ultimo atto: le montagne del nord. Prologo: a Milano, la parrucchiera della grafomane è una ragazza albanese che vive in Italia da molti anni. Lei è del sud, della zona dei laghi vicino al confine con la Macedonia e la Grecia: quando ha saputo che saremo partiti, si è raccomandata di non avventurarsi da soli nelle zone più settentrionali, dove la gente si spara ancora come se niente fosse.
Uhm. No, non le abbiamo dato retta. E no, nessuno ci ha sparato né ha minacciato di farlo. Le montagne del nord, quelle attorno a Theth e Valbona, sono il luna park del trekking: i turisti arrivano per inerpicarsi sui sentieri impervi e la gente del posto si è attrezzata di conseguenza, convertendo le grandi case di famiglia in guesthouse che vanno dal rustico vero al rustico-boutique. Le strade sono un cantiere, gli operai sostituiscono i guard rail collassati d’inverno sotto metri di neve, liberano la via dalle frane, asfaltano i tornanti di un asfalto liscio come il sedere di un bimbo. I motociclisti sciamano su, su, su fino a Vermosh, dove fino a qualche anno fa non sarebbero arrivati mai, manco dipinti.
Ma la parrucchiera non è una pazza visionaria. Basta documentarsi un po’ per scoprire che l’Albania del nord è un mondo a parte, un regno misterioso dove, complice l’inevitabile isolamento di certi luoghi difficili da raggiungere, un tempo a regolare la vita dei montanari era il Kanun, un codice d’onore dalle norme ferree e spaventose. Vendette, faide, intere famiglie decimate per uno sgarro: in un passato non così lontano, probabilmente aveva senso mettere in guardia lo straniero sprovveduto, un po’ come aveva senso, ante 2000, consigliare al turista di girare alla larga dal Rione Sanità di Napoli. C’è un libro che la grafomane s’è letta prima di partire: si intitola Aprile spezzato ed è stato scritto nel 1978 da Ismail Kadare, forse il maggiore autore albanese contemporaneo. Niente di meglio per farsi un’idea.
Quanto alla realtà odierna, le montagne albanesi offrono molto: pendenze sfidanti, boschi intricati, terreni sdrucciolevoli, discese stronca-ginocchia, torrenti gelidi, cime spazzate dal vento, arcobaleni e cascate, ponticelli miracolati (nel senso che stanno su per miracolo), sterrati che menomale-che-abbiamo-la-macchina-alta, pecore, laghi su cui traghettare, tornanti, tornanti e ancora tornanti. E silenzi, immensi silenzi interrotti a tratti dal muuu di una mucca, dal ronzio di un’ape, dal rombo di una moto che divora le curve in lontananza.
Fine.
Da leggere in viaggio:
Ismail Kadaré, Aprile spezzato, ed. La nave di Teseo. Per scoprire cos’è il Kanun e come funziona(va).
Anilda Ibrahimi, Rosso come una sposa, ed. Enaudi. Una saga famigliare tutta al femminile, ambientata nelle montagne del sud. Un libro stupendo da leggere anche se di andare in Albania non ve ne frega niente.
La nostra intervista a Eri, regista teatrale di Tirana a Milano da 20 anni: https://ramontherun.com/2021/04/albania-atto-unico/