Non so voi, ma io quando vado in pizzeria ordino sempre la stessa cosa: margherita con rucola e pomodorini. In genere lo faccio dopo aver letto tutto il menu, perché io per i menu ho una perversione, ma quando il cameriere mi si para davanti difficilmente riesco a lanciarmi in nuove avventure. Lo stesso, negli ultimi anni, è successo a me e all’ing (che invece in pizzeria è più audace, pur avendo una predilezione per wurstel e patatine) con le Canarie. Dopo la folgorazione per Fuerteventura, avvenuta in tempo di Covid, abbiamo fatto fatica, fatichissima, a scegliere un’altra isola da esplorare al di fuori della nostra – perché le Canarie non sono dietro l’angolo, e la tentazione di tornare a Corralejo è sempre sul piatto.
Ma alla fine la curiosità ha avuto la meglio su tutto, anche sulla nostalgia. Perché così è giusto che sia (altrimenti io passerei tutte le mie estati al bagno 19 di Lignano Sabbiadoro).
Dunque eccoci qua, a Tenerife, che dell’arcipelago è l’isola maggiore. Una specie di pipa appoggiata sulla tavola, con le spiagge del sud a fare da base e un bocchino sottile che si allunga verso nord-est. In mezzo, il Teide: un vulcano alto 3715 metri, terzo al mondo per altitudine dalla base nonché montagna più alta di Spagna – un bestione talmente ingombrante che le nuvole che arrivano da nord gli si impigliano contro e non vanno oltre. Restano lì a fargli da tutù, le nuvole, rinunciando a raggiungere il sud e le sue spiagge, che per questo sono le più amate dai turisti e dai pensionati britannici. Ben diverso il clima a nord, dove la costa è frastagliata, la vegetazione rigogliosa, e il cielo per lo più incazzoso. Lassù ci sono alcuni dei luoghi più belli e suggestivi dell’isola, e val bene la pena di prendersi qualche goccia e un raffreddore – ma siate avvisati, se siete in cerca dell’eterna primavera canaria, non è a nord del Teide che la troverete. Troverete invece dei trekking stupendi, come quello fino al faro di Anaga, il punto più a nord dell’isola che si raggiunge con una passeggiata tra boschi di laurisilva e scogliere a picco sull’oceano. E poi paesini ancora autentici, poveri di ecomostri e ricchi di antiche case dai tipici balconi di legno intagliato, di baretti che paiono usciti dagli Anni 70, di sapori inusuali, di birrette che sarebbe bello bersi fuori, vista tramonto, ma quando cala il sole cala pure il gelo, e allora magari no.
Ma è inutile girarci intorno, a Tenerife quello che vale il viaggio non sono tanto le spiagge, o le passeggiate, o le birrette. Neanche il Carnevale, che dicono essere il secondo al mondo dopo Rio ma… boh, forse noi siamo arrivati troppo tardi, fatto sta che ci siamo beccati solo i fuochi d’artificio più brevi e tristi della storia, e le bestemmie di un bergamasco ubriaco che alle lusinghe del Carnevale canario ci aveva creduto. Chi promette e mantiene (oltre ad Ambra) è invece il Teide, imponente da ogni angolo, spesso oscurato dalle nuvole, complicato da affrontare perché per salire serve sempre la prenotazione, sia che si vada su a piedi sia che si prenda la funivia. Però, che meraviglia. Gli arriviamo ai piedi che la testa non si vede, tanto è coperta. Decidiamo di salire lo stesso perché tanto ormai siamo qui, ci addentriamo tra le nuvole, fendiamo la nebbia un tornante dopo l’altro, sigilliamo i finestrini dell’auto per tenere fuori l’inverno. E poi a un certo punto, all’improvviso, le nubi finiscono, la nebbia si dirada, il cielo è sgombro e il sole picchia, mentre il Teide ci offre il suo fianco immenso. Lassù, è un altro mondo. In lontananza si vede l’Africa, ma la sensazione è quella di essere sulla Luna. Ed è una sensazione bellissima.
Così come bellissima è La Gomera, piccola tra le piccole, penultima delle Canarie in ordine di grandezza. Una briciola che da Tenerife si raggiunge in un’ora di traghetto – ora che l’ing passa in preda al mal di mare, con la faccia verde come poche altre volte gli ho visto nella vita. Con una superficie di 370 km quadrati, La Gomera si gira in fretta, ma non troppo, perché è tutta montuosa e per andare da un capo all’altro dell’isola si devono fare dei bei giri-in-giro, su e giù per i tornanti, a zig zag sui pendii, un attimo sulla costa e quello dopo in mezzo ai boschi di laurisilva, la foresta subtropicale che pare uscita da un libro di favole illustrate. Gli alberi sono altissimi e antichi, ammantati di muschi e licheni che ne rendono i tronchi e i rami morbidi al tatto e allo sguardo. Il sole filtra a tratti, la luce è quella magica e frastagliata che rende i boschi luoghi fatati. Mezz’ora dopo sei di nuovo giù, in riva all’oceano. Ci sono i bar, ci sono i ristorantini sulla spiaggia, ci sono i turisti che si godono la vita, ci sono le good vibes che spesso si percepiscono da queste parti. Il sole va e viene, più viene che va, l’eterna primavera, anche qui, è momentaneamente assente, ma nell’aria fiutiamo lo stesso profumo che si respira a Fuerte. E quando è ora di andare via, pensiamo che sia troppo presto, e che forse sarebbe troppo presto anche domani, e dopodomani, e il giorno dopo ancora.
INFO PRATICHE: PRENOTARE LA SALITA AL TEIDE Non fatevi cogliere impreparati: per salite in vetta al Teide, sia a piedi sia in funivia, serve SEMPRE la prenotazione, anzi LE prenotazioni: sono due, da effettuare separatamente: * La prima prenotazione necessaria è quella per arrivare a 3.500 metri, sotto la vetta. Potete scegliere se arrivare comodamente in funivia (acquistando qui il biglietto) o meno comodamente, ma gratuitamente, a piedi (info percorsi e prenotazioni qui). * La seconda prenotazione serve per percorrere a piedi gli ultimi 200 metri, quelli che dalla fine della funivia portano alla cima vera e propria. Occhio: la prenotazione va fatta con largo anticipo (mesi) sul sito dei parchi nazionali spagnoli. Provvedete per tempo, perché i posti sono pochi e finiscono in fretta! |





