Sfumata la partitella a Luang Prabang, l’ingegnere ha presto un’altra occasione per scendere in campo e stirarsi qualche muscolo correndo dietro a un pallone. Siamo a Vientiane, capitale laotiana senza troppo appeal (checché ne dica la Lonely Planet, come al solito troppo generosa): mentre cerchiamo una moto con targa vietnamita per continuare il nostro viaggio (che troveremo dopo varie peripezie), gli arriva un invito per un sette contro sette con alcuni membri dell’italica comunità locale. In campo c’è un campionario umano alquanto variegato.
Andrea e Roberto sono i pizzaioli del gruppo, da subito corteggiati dall’ing in astinenza. Trentino di Soul Kitchen il primo, varesotto di Pizza da Roby il secondo, nella vita si sfidano a colpi di margherita, ma una volta a settimana giocano nella stessa squadra. Roby è arrivato qui cinque anni fa a rimorchio del fratello Alessandro, architetto: «Lui era qui già da un po’, si è sposato con una laotiana: quando è nata mia nipote sono venuto a trovarlo e sono rimasto», racconta. Del Laos ha adottato la filosofia: «Niente stress, nessuna rottura di scatole». Qualche grana personale, certo, ma da quelle non si scappa mai.
Pietro ha un pub, il Sea sunset. Con lui lavora Gianluca, che confessa di avere nostalgia di casa: «Sono sei anni che sono via dall’Italia, ho bisogno di una pausa», dice. Anche Giovanni tornerà presto in patria: veterinario, è arrivato per dare una mano al collega Nicola, ma non ha in programma di rimanere a lungo nonostante il fascino della neofidanzata lao.
Poi ci sono il napoletano Francesco, titolare dell’agenzia di viaggi Nakarath “per turisti di alto profilo” (che tradotto significa: backpackers, lasciate perdere), l’ingegnere civile, il commerciante di vini.
In panchina perché influenzato, a far compagnia alla grafomane, c’è Mauro, insegnante d’inglese, blogger e autore di un libro sugli usi e costumi del Laos. Fonte preziosa di informazioni – chi lo sapeva, per esempio, che qui si pagano pochissime tasse, quindi anche vendendo mango in mezzo alla strada si rischia di fare un sacco di soldi? – dipinge un quadretto laotiano tutt’altro che rose e fiori. Perché sì, qui si sta bene, benissimo – tanto che lui qui sta e non pare intenzionato a levare le tende – ma l’abisso culturale è enorme, gli stimoli intellettuali pochi, gli argomenti di conversazione spesso carenti. Ma la vita è facile, ci viene da ribattere, le donne bellissime, il clima mite, la birra economica: e i nostri italici, ai nostri occhi, hanno davvero poco di cui lamentarsi.